Numeri e contraddizioni di un’Europa frammentata, tra aiuti miliardari all’Ucraina, welfare a rischio e il dominio degli Stati Uniti nel mercato delle armi.
Come dice giustamente l’autore di questi pensiero e raccolta dati che è Dario Rivolta, già senatore della Repubblica e stratega di politica estera, la questione è cruciale.
Il tema delle spese militari resta il grande non detto dell’agenda europea. Dario Rivolta osserva che i numeri – forniti da istituti internazionali – parlano chiaro: Stati Uniti in testa con quasi mille miliardi, Cina e Russia a distanza, Europa frammentata tra doppioni, sistemi incompatibili e ordini che finiscono più nelle fabbriche nazionali che in un ipotetico mercato comune della difesa.
L’argomento ufficiale è la “difesa”, ma spesso le spese hanno natura offensiva. Non mancano le contraddizioni: la NATO predica unità ma l’Europa continua a dividersi in cordate contrapposte – perfino sui caccia di sesta generazione – mentre la Germania, locomotiva continentale, si tiene strette le commesse. Sullo sfondo, l’Ucraina: 68 miliardi di aiuti militari Usa, 53 europei, prestiti difficilmente rimborsabili e una ricostruzione che secondo la Banca Mondiale richiederà quasi 500 miliardi in dieci anni.
Il nodo politico resta irrisolto: chi comanderà l’eventuale esercito europeo, ammesso che prenda forma? La tentazione è scaricare il costo sul welfare nazionale, ma senza una guida politica unitaria il rischio è di spendere molto e ottenere poco. Qui sta il paradosso: si parla di difesa comune, ma ognuno fa per sé.
Spese militari nel 2024 (miliardi di dollari USA)
(incluse stipendi, pensioni, R&S, forze para-militari, aiuti Ucraina, missioni fuori confine)
| Paese | Spesa (mld \$) |
|---|---|
| Stati Uniti | 968 |
| Cina | 235 |
| Russia | 146 |
| Germania | 86 |
| Gran Bretagna | 81 (inclusi aiuti all’Ucraina) |
| India | 74 |
| Arabia Saudita | 72 |
| Francia | 64 |
| Giappone | 53 |
| Corea del Sud | 44 |
| Australia | 36 |
| Italia | 35 |
| Israele | 34 |
| Ucraina | 28 (in gran parte prestiti difficili da restituire) |
| Polonia | 28 |
Principali esportatori mondiali di armi (quota % 2019-2023)
(Fonte: SIPRI – Arms Transfer Database)
| Paese | Quota export (%) |
|---|---|
| USA | 43 % |
| Francia | 9,6 % |
| Russia | 7,8 % |
| Cina | 5,9 % |
| Germania | 5,6 % |
Nota: 2/3 (66%) delle armi importate dai membri NATO europei negli ultimi 5 anni provengono dagli USA.
Aiuti all’Ucraina (fino a fine 2024)
(Fonte: Kiel Institute)
Aiuti finanziari
| Area/Paese | Importo (mld €) |
|---|---|
| USA | 44 |
| Europa (UE + membri) | 50 |
| Altri Paesi | 20 |
Aiuti umanitari
| Area/Paese | Importo (mld €) |
|---|---|
| USA | 2 |
| Europa | 10 |
| Altri | 3 |
Aiuti militari
| Area/Paese | Importo (mld €) |
|---|---|
| USA | 68 |
| Europa | 53 |
| Altri | 16 |
Ricostruzione Ucraina (stime Banca Mondiale)
| Periodo | Costo stimato |
|---|---|
| 2024–2033 | 486 miliardi € |
Ecco quindi la riscrittura di un falso timore sociale sotto il paradigma della mancanza, del desiderio e dell’ambivalenza:
Le spese militari interrogano non solo i bilanci degli Stati ma il nostro inconscio politico. Ogni volta che si invoca la “difesa” si mette in scena un lapsus: perché dietro questa parola rassicurante si cela, troppo spesso, il suo contrario, l’offesa. È il rimosso che ritorna.
I numeri dicono di un’Europa smembrata, incapace di darsi un volto unitario, divisa in cordate e rivalità che ricordano i conflitti infantili di fratelli gelosi. Mentre l’America investe miliardi e occupa la posizione del Padre, garante della legge e al tempo stesso monopolista delle armi, l’Europa resta nel registro adolescenziale: frammentata, incapace di assumere fino in fondo la propria responsabilità.
E poi c’è l’Ucraina, oggetto di investimento e di sacrificio, il luogo dove si proietta il desiderio di redenzione europea. Ma ogni sacrificio ha il suo rovescio: il rischio di svuotare il welfare, di trasformare la cura dei cittadini in un’illusione. È come se l’Europa volesse costruire una nuova identità sul lutto altrui, dimenticando che il legame sociale non nasce dalla guerra ma dal riconoscimento reciproco.
Qui il punto: la difesa diventa un sintomo, una parola che copre l’angoscia dell’Europa di non esistere come soggetto politico. Spendere senza un’unità significa solo ripetere l’atto compulsivo, moltiplicare la spesa per coprire la mancanza. Ma ogni rimozione prima o poi ritorna. E allora la vera domanda non è se le spese siano per difesa o per attacco, bensì: quale Europa stiamo difendendo, se non c’è ancora un’Europa da difendere?
Di Comitato Redazionale E.F.
