a cura di Ermanno Faccio
Abstract
La guerra non è un destino ineluttabile, ma una malattia psichica collettiva. Alla luce delle Scritture (Vecchie e Nuove), della psicoanalisi freudiana, della filosofia di Galimberti e della clinica di Recalcati, il fenomeno bellico appare come il frutto di un oblio spirituale, del ritorno delle pulsioni di morte, della crisi di senso della civiltà tecnica e di un delirio paranoico di purezza. La violenza diventa così il sintomo di un contagio mentale che trasforma i popoli in masse deliranti. La guarigione è possibile solo ricordando la fraternità originaria che ci lega, accettando la fragilità umana e scegliendo la via della cura e della memoria al posto delle armi.
La guerra come malattia dell’anima
C’è un passo delle scritture che ammonisce: “Quando gli uomini dimenticano Dio, si scagliano gli uni contro gli altri, e la terra si riempie di sangue”. È il Libro di Mormon a ricordarci che la violenza nasce sempre da un oblio, da una dimenticanza spirituale: l’oblio della fraternità che ci costituisce. Là dove non si riconosce il fratello, si arma la mano.
Freud ci direbbe che la guerra è il ritorno del rimosso: la pulsione di morte, lasciata senza simbolizzazione, diventa padrona del campo. Ma non è un destino biologico: è il frutto di un contagio psichico collettivo. Quando l’Io non regge il peso dell’angoscia, cede alla fascinazione di un nemico immaginario: allora il soggetto si tranquillizza distruggendo l’altro. È un meccanismo nevrotico, ma su scala di popoli interi.
Galimberti aggiungerebbe che la guerra non è solo politica, ma una crisi del senso. Dove il pensiero si atrofizza e la tecnica prevale, l’uomo si riduce a ingranaggio cieco che esegue ordini, incapace di ascoltare la propria voce interiore. La violenza, allora, diventa la scorciatoia per colmare il vuoto di significato. La guerra è la malattia di una civiltà che non sa più pensare l’umano.
E Recalcati ci ricorda che ogni guerra nasce dall’illusione paranoica della perfezione: il nemico sarebbe colui che macchia la nostra purezza, colui che deve essere espulso per poterci sentire integri. Ma è un delirio. Il reale dell’altro non può essere cancellato senza cancellare noi stessi. Il corpo del nemico, ferito e umiliato, è lo specchio della nostra ferita non accettata.
Così, quando i popoli si ammalano insieme, la guerra diventa un sintomo psichiatrico collettivo: un tarlo che rode le menti, un’allucinazione condivisa che trasforma esseri umani in oggetti sacrificabili.
Per questo ogni guerra è sempre follia. Non è l’eroismo degli eserciti, non è la gloria delle bandiere, non è il destino delle nazioni. È l’incapacità di sopportare la fragilità che ci accomuna, la paura dell’altro che ci abita.
Solo un lavoro di memoria, di cura e di pensiero può guarire questa malattia. Solo riconoscendo che non esiste vittoria possibile quando muore un uomo, possiamo liberarci dal delirio.
La guerra non è necessità: è la nevrosi collettiva di un’umanità che ha smarrito il senso. E come ogni nevrosi, può essere curata. Ma la cura non sta nelle armi: sta nel ricordare che l’altro è il mio fratello, e che la sua vita è la mia vita.
Ecco la tabella completa e ordinata, con l’inserimento dei dati di Gaza e Aleppo, secondo le colonne richieste:
| # | Conflitto (luogo e periodo) | Popolazione totale pre-conflitto | Durata (mesi) | Decessi stimati massimi | % popolazione morta/mese | % popolazione morta totale |
|---|---|---|---|---|---|---|
| 1 | Sri Lanka (2009) | 400.000 | 2 | 70.000 | 8,75% | 17,5% |
| 2 | Falluja (2004) | 300.000 | 1 | 1.000 | 0,33% | 0,33% |
| 3 | Mosul (2016–2017) | 1.500.000 | 9 | 40.000 | 0,29% | 2,66% |
| 4 | Grozny (1994–2000) | 400.000 | 36 | 40.000 | 0,27% | 10% |
| 5 | Gaza (2023–2025) | 2.300.000 | 21 | 60.000 | 0,12% | 2,61% |
| 6 | Aleppo (2012–2016) | 2.000.000 | 48 | 34.000 | 0,03% | 1,7% |
Ecco alcune fonti solide e attuali sui dati relativi ai decessi nella guerra a Gaza e nella battaglia di Aleppo:
Dati aggiornati su Gaza
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AP (Associated Press): al 29 luglio 2025, il Ministero della Salute di Gaza — ente controllato dal governo Hamas — ha riferito che oltre 60.000 palestinesi sono morti nel conflitto durato ormai 21 mesi (dal 7 ottobre 2023) (AP News, The Washington Post).
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Reuters conferma un dato molto simile: "Oltre 60.000 persone sono state uccise a Gaza" come riportato fin dal 29 luglio 2025 (Reuters).
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The Lancet, rivista medica autorevole, stimava già al 19 giugno 2024 circa 37.396 decessi in Gaza (The Lancet). Questo evidenzia variazioni nei conteggi — spesso legate a difficoltà nel raccogliere dati precisi, distruzione delle infrastrutture sanitarie e di monitoraggio, e presenza di vittime non registrate o sotto le macerie.
Questi elementi spiegano le differenze nei numeri e le controversie sull’accuratezza dei dati, ma confermano che il bilancio accertato è ben sopra i 60.000 morti.
Dati sulla Battaglia di Aleppo (2012–2016)
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Secondo la Violations Documentation Center (VDC), tra il 19 luglio 2012 e il 15 dicembre 2016, la battaglia di Aleppo causò circa 31.273 morti registrati, di cui il 76 % erano civili (pari a circa 23.600); il restante 24 % erano combattenti (Wikipedia).
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Altri monitor come SOHR (Syrian Observatory for Human Rights) riportano circa 21.452 civili uccisi durante quei 1.612 giorni di combattimenti (Wikipedia).
Complessivamente, le stime totali delle vittime (combattenti + civili) di Aleppo oscillano tra 35.000 e 45.000 (Wikipedia).
Tabella aggiornata con fonti attendibili
| # | Conflitto (luogo e periodo) | Popolazione pre-conflitto | Durata (mesi) | Decessi stimati massimi | % popolazione morta/mese | % popolazione morta totale |
|---|---|---|---|---|---|---|
| 5 | Gaza (2023–2025) | ~2.300.000 | 21 | ≈ 0,12 % | ≈ 2,6 % | |
| 6 | Aleppo (2012–2016) | ~2.000.000 | 48 | ≈ 0,06–0,09 % | ≈ 1,75–2,25 % |
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Gaza: i 60.000 decessi sono confermati da fonti come AP e Reuters (AP News, The Washington Post, Reuters).
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Aleppo: i totali tra 35.000 e 45.000 emergono da VDC e altre ONG monitoranti (Wikipedia).
Conclusione riflessiva
I dati confermano che:
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Gaza, pur drammaticamente tragica, risulta avere una percentuale mensile di decessi inferiore rispetto a conflitti storicamente devastanti come lo Sri Lanka nel 2009.
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Aleppo mostra proporzioni simili—anche se inferiori rispetto alla battaglia srilankese.
Questo rafforza l'idea che, sebbene il numero assoluto di vittime a Gaza sia altissimo, il contesto di densità abitativa, tattiche di combattimento, e durata del conflitto aiuta a interpretare meglio la portata del disastro—spostando l’attenzione non solo sul numero, ma su come e perché quei numeri emergono.
É possibile ordinare la tabella in ordine decrescente per % morti mese, o aggiunga ulteriori conflitti per approfondire il confronto,lasciamo ai lettori il miglior studio dei dati.
Altre Fonti
Con questo non vogliamo giustificare nel modo più assoluto alcun conflitto, che — come spiegato fin dall’inizio — resta sempre il frutto di una follia collettiva. È un punto fermo da cui ripartire: non ci sono attenuanti né spiegazioni che possano trasformare la guerra in necessità storica o in destino geopolitico. C’è solo la responsabilità di riconoscerne la radice psichica e culturale, e di trarne le conseguenze. In questo, più che nelle cifre e nei bollettini, si misura la vera capacità di un popolo di guardare oltre l’odio e scegliere, finalmente, la cura al posto della distruzione.
